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Lectio Magistralis sullo storico Tommaso Fazello dell’archeologo Sebastiano Tusa, assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliadi Anna Maria Massaro - 08 novembre 2018L’iniziativa è stata promossa dal Comune di Sciacca, assessorato alla Cultura, con la Biblioteca 'Aurelio Cassar', in sinergia con l’associazione Amici del museo del Mare 'Vincenzo Tusa' L'incontro di approfondimento sulla figura dell'illustre storico saccense si è svolto nella stupenda cornice della Chiesa di San Domenico e aperto dall'indirizzo di saluto del vicesindaco e assessore alla cujltura Gisella Mondino, dell'Arciprete Carmelo Lo Bue e del presidente dell'Associazione Museo del Mare Gaspare Falautano. Il professore Sebastiano Tusa, archeologo, saggista, docente universitario e assessore regionale ai Beni Culturali ha posto l'accento su 'Il ruolo di Tommaso Fazello nella storiografia siciliana'. Il Fazello nacque nel 1498 a Sciacca, città della provincia di Agrigento, da padre vasaio originario di Reggio. Dopo aver compiuto i suoi primi studi nella città natia, ancora adolescente entrò nel convento di S. Domenico di Palermo dove ricevette l'ordinazione. Investito di incarichi assai delicati come quello di primo consultore del tribunale dell'Inquisizione della fede, il Fazello visse quasi sempre in Sicilia, tranne brevi soggiorni a Roma. La sua vita, pur priva di significative vicissitudini private, fu operosissima e lo spinse a visitare tutti i principali siti artistici dell'isola e a compiere disagevoli escursioni (come la scalata dell'Etna nel 1541) in vista di un'esaustiva ricognizione topografica. Agevolato infatti dai suoi uffici pastorali ha alternato gli impegni di insegnante e quaresimalista con la ricerca e la scoperta archeologica. A questa improba fatica, durata più di quattro lustri, si deve aggiungere la limitatezza delle disponibilità bibliografiche isolane, che egli cercò di compensare investigando assiduamente in conventi o altri luoghi di studio, oppure istituendo contatti con ricercatori locali o umanisti del continente, come Minturno, - al quale si rivolse con la mediazione del viceré Giovanni de Vega. In sintesi tutta la vita del Fazello è stata finalizzata alla preparazione dei materiali e alla stesura della sua ponderosa opera De rebus Siculis decades duae, risalente al 1558, poi ampliata e ritoccata nelle edizioni del 1560 e 1568. Il Fazello rivendica a sé il merito di avere per primo tentato un'accurata ricognizione archeologica e storica della Sicilia e di aver cercato di ristabilire la verità su una materia in gran parte ignorata o falsificata, mediante riscontri diretti e soprattutto attraverso l'autorità delle fonti.Grazie alla capacità di accordare le testimonianze degli antichi con il riscontro autoptico poté confutare certe errate credenze, identificando, per esempio, in perfetto accordo tra la sua diretta osservazione e un passo di Diodoro, il sito delle rovine di Selinunte fino ad allora localizzate nell'area di Mazara. Analogamente, in sede storiografica, egli poteva dissolvere le leggende che si erano addensate sull'arrivo degli Arabi in Sicilia e sulle iniziative di Giorgio Maniace, mostrando attraverso l'esame di un codice di Giovanni Scylitzes detto Curopalata, l'infondatezza di questa tradizione. La fiducia nel documento scritto sorregge tutta l'opera, anche se talora essa viene accordata a fonti inattendibili o invocata per convalidare le fandonie antropologiche riferite dagli antichi. A concludere i lavori il Sindaco Francesca Valenti, che ha ringraziato i convenuti e il professore Tusa per il successo dell'evento.
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