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Origini e Restauro del patrimonio architettonico di Borgo Pantano - Rametta - Messinadi Orazio Bisazza - 06 novembre 2018Borgo Pantano rappresenta uno splendido esempio di archeologia rurale. Il borgo sorge su una depressione dei monti Peloritani, a circa 200 metri sul livello del mare nel territorio comunale di Rometta (ME) e risale al Basso Medioevo Nonostante le esigue dimensioni, questo piccolo centro sembra aver giocato un ruolo non del tutto secondario nelle dinamiche politiche ed economiche dell’area tirrenico-peloritana. La chiesetta del villaggio, dedicata a Santa Maria delle Grazie, è uno dei luoghi di culto più antichi del circondario. Pantano era inoltre perfettamente integrata in un sistema territoriale di piccoli centri rurali interagenti tra loro. I rapporti sociali ed economici con i centri limitrofi sono sempre stati rilevanti. Il borgo è composto da una trentina di edifici distribuiti su due schiere che si sviluppano lungo le linee di livello del terreno. Le abitazioni furono costruite secondo precisi canoni architettonici dettati anche dall’estrazione ebraica dei residenti. L’impianto urbanistico risulta posizionato sull’asse SUD - NORD. Le costruzioni denotano tuttora precise componenti di tipo materico ed estetico inconsuete per il territorio. Non si riscontrano infatti nel circondario tipologie costruttive uguali, né analoghe combinazioni di materiali per la costruzione delle murature. Tipologie simili si riscontrano piuttosto nelle costruzioni in pietra e coccio della Toscana (e più precisamente della Versilia e della Lucchesia). Lungo la via di accesso, giungendo da monte, ci si addentra in un vicolo stretto, volto a nord, fiancheggiato da case giustapposte sui due fianchi, con piccole finestre e doppie porte di uscita, una sul vicolo e l’altra sul retro dove vi era l’orto domestico di ciascuna abitazione. Questa strada si biforca incontrando la chiesa, centro del culto religioso della piccola comunità. I due viottoli abbracciano un’insula, che comprende gli edifici di maggiore dimensione, per poi ricongiungersi sul fianco Nord dello sperone collinare su cui sorge il borgo. Qui sorgeva la “torre Bagliva”, affiancata da due altre costruzioni poste tutte sul lato esterno del viottolo e contrapposte all’insula. Questa torre, che non si giustifica con l’esiguo numero di abitanti dell’antico borgo, rappresenta l’enigma che ha dato il via alla nostra ricerca storica. La pianta urbana si presenta ancora oggi godibile nella sua sorprendente completezza, risultando solo appena sfiorata dagli oltraggi del tempo e dall’incuria dell’uomo. Le unità abitative, secondo uno schema ricorrente nelle architetture medievali, avevano dimensioni minime e rispondevano ad esigenze essenziali. Ma benché fossero assolutamente prive del superfluo, spiccano in esse accorgimenti e particolari tipici di dimore più lussuose. Ogni abitazione era dotata di una cisterna per garantire l’apporto idrico. L’acqua in parte arrivava dal sottosuolo, in parte attraverso un sapiente impianto di raccolta delle acque piovane che venivano convogliate dai tetti delle abitazioni verso le relative cisterne (attraverso condotti realizzati con manufatti in cotto). Inoltre si è appurato attraverso una analisi condotta tramite georadar che prima della costruzione dei fabbricati esisteva già una rete idrica che delimitava le case. Ogni abitazione sfruttava al meglio l’energia passiva, sia per la ventilazione sia per il riscaldamento. Particolari artifici costruttivi garantivano l'accumulo, la distribuzione e la conservazione dell'energia solare. Una tecnica che si basava sullo sfruttamento di piccole superfici vetrate, esposte ad est e ad ovest, garantiva la migliore illuminazione degli ambienti, evitando l’eccessivo soleggiamento estivo. La pareti volte verso sud erano per lo più prive di aperture - e quando le avevano queste erano piccolissime per migliorare la ventilazione e il raffreddamento naturale dell’aria, creando correnti convettive per differenza di temperatura tra l’aria fresca in basso e quella più calda in alto. Inoltre, per la ventilazione, si utilizzavano anche delle condotte d'aria interrate, che prelevavano l’aria raffreddata e carica di umidità dall’interno delle cisterne. Questi accorgimenti consentivano di avere case calde in inverno e fresche in estate, soleggiate durante le ore diurne e dotate di acqua corrente. La ventilazione naturale garantiva la salubrità degli ambienti. Un livello di comfort sicuramente inusuale per l’epoca, soprattutto considerando gli standard del territorio circostante. Evidentemente le capacità e le abilità tecniche della comunità insediata non erano quelle tipiche delle semplici società contadine. A tal proposito un dato concreto che fa scartare l’ipotesi dell’origine rurale del Borgo è la mancanza, nelle costruzioni originarie, di ambienti riconducibili a funzioni di magazzinaggio e/o a stalle per l’allevamento di animali. Un altro riscontro che conferma la peculiarità del costruito si ricava dalla presenza, in ogni casa, di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana dal tetto - di cui si è già detto sopra. Ciò non perché i contadini non amassero l’acqua, ma per il fatto che i costi di costruzione e gestione di tali impianti sarebbero stati per loro eccessivi. Si può ipotizzare che questa agiatezza e soprattutto questo bagaglio di conoscenze siano tipiche di una società artigiana e mercantile, piuttosto che rurale. Ciò giustificherebbe anche la presenza nel borgo della torre Bagliva. Il recupero architettonico, già avviato in piccola parte, è stato e sarà di tipo filologico, con la conservazione della cubatura originaria, del numero e delle dimensioni delle aperture (porte e finestre), delle partizioni interne e, ove possibile, della originaria organizzazione domestica. Per l’esecuzione dei lavori si è fatto ricorso prevalentemente a materiale di recupero e, quando non possibile, a materiale proveniente dalla stessa area oggetto di corretta riproposizione deducibile da diversi studi tipologici su quella parte di patrimonio architettonico giunta integra. Sono state conservate, infine, anche le tracce del vissuto delle genti che si sono sedimentate negli intonaci e nelle stratificazioni del costruito, le quali rappresentano parte integrante, secondo la filosofia d’intervento, dell'identità di questo luogo. Le tecniche edilizie di carattere conservativo adottate per il recupero si sono avvicinate il più possibile a quelle originali dell'epoca, non volendo cancellare i segni del tempo, disegnando un quadro significativo per la comprensione della tradizione e dell’identità locale. Ovviamente sono state fatte piccole concessioni al comfort attraverso alcuni interventi, ma senza mai denaturare l’anima del borgo e con la precisa volontà di riportare alla luce l'identità culturale e restituirgli il suo aspetto più autentico. Per questo motivo sono stati reintrodotti anche i patrimoni della tradizione tessile, artigianale e dell'arredo domestico.
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Origini e Restauro del patrimonio architettonico di Borgo Pantano - Rametta - Messinadi Orazio Bisazza - 06 novembre 2018Borgo Pantano rappresenta uno splendido esempio di archeologia rurale. Il borgo sorge su una depressione dei monti Peloritani, a circa 200 metri sul livello del mare nel territorio comunale di Rometta (ME) e risale al Basso Medioevo Nonostante le esigue dimensioni, questo piccolo centro sembra aver giocato un ruolo non del tutto secondario nelle dinamiche politiche ed economiche dell’area tirrenico-peloritana. La chiesetta del villaggio, dedicata a Santa Maria delle Grazie, è uno dei luoghi di culto più antichi del circondario. Pantano era inoltre perfettamente integrata in un sistema territoriale di piccoli centri rurali interagenti tra loro. I rapporti sociali ed economici con i centri limitrofi sono sempre stati rilevanti. Il borgo è composto da una trentina di edifici distribuiti su due schiere che si sviluppano lungo le linee di livello del terreno. Le abitazioni furono costruite secondo precisi canoni architettonici dettati anche dall’estrazione ebraica dei residenti. L’impianto urbanistico risulta posizionato sull’asse SUD - NORD. Le costruzioni denotano tuttora precise componenti di tipo materico ed estetico inconsuete per il territorio. Non si riscontrano infatti nel circondario tipologie costruttive uguali, né analoghe combinazioni di materiali per la costruzione delle murature. Tipologie simili si riscontrano piuttosto nelle costruzioni in pietra e coccio della Toscana (e più precisamente della Versilia e della Lucchesia). Lungo la via di accesso, giungendo da monte, ci si addentra in un vicolo stretto, volto a nord, fiancheggiato da case giustapposte sui due fianchi, con piccole finestre e doppie porte di uscita, una sul vicolo e l’altra sul retro dove vi era l’orto domestico di ciascuna abitazione. Questa strada si biforca incontrando la chiesa, centro del culto religioso della piccola comunità. I due viottoli abbracciano un’insula, che comprende gli edifici di maggiore dimensione, per poi ricongiungersi sul fianco Nord dello sperone collinare su cui sorge il borgo. Qui sorgeva la “torre Bagliva”, affiancata da due altre costruzioni poste tutte sul lato esterno del viottolo e contrapposte all’insula. Questa torre, che non si giustifica con l’esiguo numero di abitanti dell’antico borgo, rappresenta l’enigma che ha dato il via alla nostra ricerca storica. La pianta urbana si presenta ancora oggi godibile nella sua sorprendente completezza, risultando solo appena sfiorata dagli oltraggi del tempo e dall’incuria dell’uomo. Le unità abitative, secondo uno schema ricorrente nelle architetture medievali, avevano dimensioni minime e rispondevano ad esigenze essenziali. Ma benché fossero assolutamente prive del superfluo, spiccano in esse accorgimenti e particolari tipici di dimore più lussuose. Ogni abitazione era dotata di una cisterna per garantire l’apporto idrico. L’acqua in parte arrivava dal sottosuolo, in parte attraverso un sapiente impianto di raccolta delle acque piovane che venivano convogliate dai tetti delle abitazioni verso le relative cisterne (attraverso condotti realizzati con manufatti in cotto). Inoltre si è appurato attraverso una analisi condotta tramite georadar che prima della costruzione dei fabbricati esisteva già una rete idrica che delimitava le case. Ogni abitazione sfruttava al meglio l’energia passiva, sia per la ventilazione sia per il riscaldamento. Particolari artifici costruttivi garantivano l'accumulo, la distribuzione e la conservazione dell'energia solare. Una tecnica che si basava sullo sfruttamento di piccole superfici vetrate, esposte ad est e ad ovest, garantiva la migliore illuminazione degli ambienti, evitando l’eccessivo soleggiamento estivo. La pareti volte verso sud erano per lo più prive di aperture - e quando le avevano queste erano piccolissime per migliorare la ventilazione e il raffreddamento naturale dell’aria, creando correnti convettive per differenza di temperatura tra l’aria fresca in basso e quella più calda in alto. Inoltre, per la ventilazione, si utilizzavano anche delle condotte d'aria interrate, che prelevavano l’aria raffreddata e carica di umidità dall’interno delle cisterne. Questi accorgimenti consentivano di avere case calde in inverno e fresche in estate, soleggiate durante le ore diurne e dotate di acqua corrente. La ventilazione naturale garantiva la salubrità degli ambienti. Un livello di comfort sicuramente inusuale per l’epoca, soprattutto considerando gli standard del territorio circostante. Evidentemente le capacità e le abilità tecniche della comunità insediata non erano quelle tipiche delle semplici società contadine. A tal proposito un dato concreto che fa scartare l’ipotesi dell’origine rurale del Borgo è la mancanza, nelle costruzioni originarie, di ambienti riconducibili a funzioni di magazzinaggio e/o a stalle per l’allevamento di animali. Un altro riscontro che conferma la peculiarità del costruito si ricava dalla presenza, in ogni casa, di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana dal tetto - di cui si è già detto sopra. Ciò non perché i contadini non amassero l’acqua, ma per il fatto che i costi di costruzione e gestione di tali impianti sarebbero stati per loro eccessivi. Si può ipotizzare che questa agiatezza e soprattutto questo bagaglio di conoscenze siano tipiche di una società artigiana e mercantile, piuttosto che rurale. Ciò giustificherebbe anche la presenza nel borgo della torre Bagliva. Il recupero architettonico, già avviato in piccola parte, è stato e sarà di tipo filologico, con la conservazione della cubatura originaria, del numero e delle dimensioni delle aperture (porte e finestre), delle partizioni interne e, ove possibile, della originaria organizzazione domestica. Per l’esecuzione dei lavori si è fatto ricorso prevalentemente a materiale di recupero e, quando non possibile, a materiale proveniente dalla stessa area oggetto di corretta riproposizione deducibile da diversi studi tipologici su quella parte di patrimonio architettonico giunta integra. Sono state conservate, infine, anche le tracce del vissuto delle genti che si sono sedimentate negli intonaci e nelle stratificazioni del costruito, le quali rappresentano parte integrante, secondo la filosofia d’intervento, dell'identità di questo luogo. Le tecniche edilizie di carattere conservativo adottate per il recupero si sono avvicinate il più possibile a quelle originali dell'epoca, non volendo cancellare i segni del tempo, disegnando un quadro significativo per la comprensione della tradizione e dell’identità locale. Ovviamente sono state fatte piccole concessioni al comfort attraverso alcuni interventi, ma senza mai denaturare l’anima del borgo e con la precisa volontà di riportare alla luce l'identità culturale e restituirgli il suo aspetto più autentico. Per questo motivo sono stati reintrodotti anche i patrimoni della tradizione tessile, artigianale e dell'arredo domestico.
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Le abitazioni furono costruite secondo precisi canoni architettonici dettati anche dall’estrazione ebraica dei residenti. L’impianto urbanistico risulta posizionato sull’asse SUD - NORD. Le costruzioni denotano tuttora precise componenti di tipo materico ed estetico inconsuete per il territorio. Non si riscontrano infatti nel circondario tipologie costruttive uguali, né analoghe combinazioni di materiali per la costruzione delle murature. Tipologie simili si riscontrano piuttosto nelle costruzioni in pietra e coccio della Toscana (e più precisamente della Versilia e della Lucchesia). Lungo la via di accesso, giungendo da monte, ci si addentra in un vicolo stretto, volto a nord, fiancheggiato da case giustapposte sui due fianchi, con piccole finestre e doppie porte di uscita, una sul vicolo e l’altra sul retro dove vi era l’orto domestico di ciascuna abitazione. Questa strada si biforca incontrando la chiesa, centro del culto religioso della piccola comunità. I due viottoli abbracciano un’insula, che comprende gli edifici di maggiore dimensione, per poi ricongiungersi sul fianco Nord dello sperone collinare su cui sorge il borgo. Qui sorgeva la “torre Bagliva”, affiancata da due altre costruzioni poste tutte sul lato esterno del viottolo e contrapposte all’insula. Questa torre, che non si giustifica con l’esiguo numero di abitanti dell’antico borgo, rappresenta l’enigma che ha dato il via alla nostra ricerca storica. La pianta urbana si presenta ancora oggi godibile nella sua sorprendente completezza, risultando solo appena sfiorata dagli oltraggi del tempo e dall’incuria dell’uomo. Le unità abitative, secondo uno schema ricorrente nelle architetture medievali, avevano dimensioni minime e rispondevano ad esigenze essenziali. Ma benché fossero assolutamente prive del superfluo, spiccano in esse accorgimenti e particolari tipici di dimore più lussuose. Ogni abitazione era dotata di una cisterna per garantire l’apporto idrico. L’acqua in parte arrivava dal sottosuolo, in parte attraverso un sapiente impianto di raccolta delle acque piovane che venivano convogliate dai tetti delle abitazioni verso le relative cisterne (attraverso condotti realizzati con manufatti in cotto). Inoltre si è appurato attraverso una analisi condotta tramite georadar che prima della costruzione dei fabbricati esisteva già una rete idrica che delimitava le case. Ogni abitazione sfruttava al meglio l’energia passiva, sia per la ventilazione sia per il riscaldamento. Particolari artifici costruttivi garantivano l'accumulo, la distribuzione e la conservazione dell'energia solare. Una tecnica che si basava sullo sfruttamento di piccole superfici vetrate, esposte ad est e ad ovest, garantiva la migliore illuminazione degli ambienti, evitando l’eccessivo soleggiamento estivo. 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Le tecniche edilizie di carattere conservativo adottate per il recupero si sono avvicinate il più possibile a quelle originali dell'epoca, non volendo cancellare i segni del tempo, disegnando un quadro significativo per la comprensione della tradizione e dell’identità locale. Ovviamente sono state fatte piccole concessioni al comfort attraverso alcuni interventi, ma senza mai denaturare l’anima del borgo e con la precisa volontà di riportare alla luce l'identità culturale e restituirgli il suo aspetto più autentico. Per questo motivo sono stati reintrodotti anche i patrimoni della tradizione tessile, artigianale e dell'arredo domestico.
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